Sentire, ascoltare o comprendere?

 "E' inutile che me lo ripeti, ho capito!".
 Chi di noi non ha mai esclamato questa frase?
 In effetti non sempre ci rendiamo conto della differenza che passa dal sentire, rispetto all'ascoltare o addirittura al comprendere quanto ci viene detto dal nostro interlocutore.
 Potremmo sentire una canzone e non ascoltare veramente il testo (vi sarà capitato sicuramente di canticchiare per lungo tempo un brano senza soffermarsi veramente sulle parole).
 Oppure non comprenderne il significato, poiché in lingua straniera, sebbene ricordi il testo a memoria.

 Le stesse distorsioni di comprensione capita di averle soprattutto se:
 - Tendiamo a presumere di sapere in anticipo cosa gli altri ci vogliono dire (sindrome del mago)
 - Vogliamo imporre il nostro punto di vista (sindrome del dittatore)
 - Pensiamo ad altro quando gli altri ci parlano (sindrome dell'artista)
 - Riteniamo che quello che dicono gli altri sia di scarsa importanza (sindrome dell'egocentrico)

 

Molte liti e molti conflitti potrebbero essere evitati se fossimo più abili a comprendere quello che l'altro vuole comunicarci. Questo non significa "essere d'accordo" con chi ci parla. Io posso comprendere quello che sostieni e (dovrei dirtelo apertamente) e allo stesso tempo pensarla diversamente.
 Infatti ciò che irrita il nostro interlocutore non è tanto l'opinione diversa, quanto la sensazione che dall'altra parte non vi sia stato vero ascolto ed una completa comprensione di ciò che ci veniva comunicato. Ecco quindi l'importanza di dare il giusto "feedback" al nostro interlocutore, ovvero una risposta che gli permetta di capire se abbiamo ricevuto e poi compreso quanto voleva comunicarci.

Da oggi provate a fare questo esperimento: quando vi ritrovate a discutere con qualcuno ditegli "Vediamo se ho capito bene, ti mi stai dicendo che..." e gli ripeti il suo concetto. Se sarai stato davvero attento e l'altra persona avrà la conferma che lo hai compreso noterai che a sua volta sarà più disposto a comprendere anche il tuo pensiero.

 Viceversa dicendo al nostro interlocutore: "No, ti sbagli" oppure "Non hai capito quello che volevo dire" innescherai un meccanismo che porterà inevitabilmente al conflitto. Ma in generale basterebbe dare feedback più semplici, quali "ok", "va bene", "ho capito", soprattutto quando la comunicazione avviene senza che la persona sia fisicamente davanti a noi (per esempio al telefono, via sms, o tramite mail).


 Di fatto una comunicazione senza questo segnale di risposta rimane una comunicazione "aperta" che lascerà l'altra persona con questo dubbio: avrà ricevuto il mio messaggio e compreso ciò che volevo dirgli?

Nessun commento:

Posta un commento

Fabrizio Cotza - Formatore Sovversivo.
www.fabriziocotza.it