I bisogni dell'uomo

Molte persone, probabilmente, conoscono la "Piramide di Maslow", diffusa nel 1954 dal libro "Motivazione e personalità".
Il titolo, già di per sè emblematico, mette in stretta correlazione la "personalità" (ovvero l'Ego) con la motivazione (il cibo necessario per tenere vivo l'Ego stesso).
In questa piramide la "gerarchia dei "bisogni" era:
Bisogni fisiologici (fame, sete, ecc.)
Bisogni di salvezza, sicurezza e protezione
Bisogni di appartenenza (affetto, identificazione)
Bisogni di stima, di prestigio, di successo
Bisogni di realizzazione di sé (realizzando la propria identità e le proprie aspettative e occupando una posizione soddisfacente nel gruppo sociale).

Potremmo dire che nella nostra società occidentale quasi tutti abbiamo superato i primi due bisogni, realtivi ai bisogni fisiologici e di sicurezza e che la maggiorparte di noi sia "incastrata" nei due livelli successivi (bisogni di appartenenza e di successo esteriore).
In pochi si cimentano nell'ultimo livello, legato al bisogno di realizzazione di sè.

Questa ripartizione, in realtà, nasconde molti tranelli e necessità di qualche riflessione più accurata.
Per esempio il bisogno di sicurezza è spesso minato dai messaggi allarmistici che ci vengono dati da giornali e telegiornali. Dal terrorismo internazionale alle morbose storie di delitti famigliari, tutto contribuisce a lanciare messaggi molto forti al nostro subconscio: "attento, non sei sicuro, chiunque potrebbe attaccarti o farti del male, ovunque tu sia!".
Questo senso di paura influenza ovviamente anche il bisogno di appartenenza, poiché il pericolo arriva proprio dagli altri (amici, colleghi, famigliari).
Tanto che il bisogno successivo (di successo e affermazione sociale) non diventa uno "stadio successivo" di evoluzione dei bisogni, quanto un fine irrazionale che prescinde da tutto il resto.

La riprova è data dal fatto che spesso il successo viene messo davanti all'affetto dei propri famigliari o alla stima dei nostri amici, quindi a scapito di bisogni che dovrebbero essere stati, in teoria, già soddisfatti.
L'ultima riflessione la merita il bisogno di "realizzazione" di sè.
Dovremmo infatti chiarire "quale sè": quello vero o quello finto.

Come sappiamo, infatti, il finto sè è legato all'Ego, quindi ancora al bisogno di approvazione sociale. E questo potrebbe prescindere persino da tutti gli altri bisogni (ad esempio una persona potrebbe rinunciare a tutti i piaceri della vita non per sè ma per far vedere agli altri quanto è "evoluto" rispetto a loro).
L'impresa davvero ardua è comprendere e distinguere ciò che facciamo davvero per evolverci, da ciò che facciamo (o diciamo di fare) per dimostrare al mondo che ci stiamo evolvendo (o che ci siamo già evoluti).

Personalmente ritengo che sia un processo lungo e difficile, poiché spesso siamo talmente identificati in ciò che pensavamo di volere (o di essere), che distaccarci da quell'idea di noi stessi è insostenibile per il nostro Ego.
Nel farlo, ovviamente, chi ci ha identificati in un ruolo comincerà a pensare (o a dirci) che fino a quel momento eravamo "falsi o innaturali". Il che è vero, poiché ci stanno dicendo che non rivedono più in noi alcuni dei nostri tanti Ego del passato. Peccato che a parlare siano, a loro volta, alcuni dei loro Ego disorientati e confusi.
E qualcuno dei loro Ego potrebbero non voler avere più a che fare con te, poiché tu potresti fungere da specchio per loro.

Molti dei nostri Ego non amano svelarsi, soprattutto quando sono contraddittori rispetto al vero Sè. Preferiscono negare l'evidenza o rendere totalmente inconsapevole la persona, pur di non uscire allo scoperto.
Da qui nascono molti dei comportamenti "irrazionali" di persone convintissime di essere sempre nel giusto, coerenti, sincere, leali.

Che fare a quel punto?
Niente!

Poiché il libero arbitrio viene prima di tutto e non si può costringere nessuno a fare qualcosa, seppure per il suo bene. Ciascuno ha una propria responsabilità inviolabile e l'unica cosa che si può fare è fornire loro "strumenti" per poi decidere di iniziare il percorso.
Ma per chi non è pronto ogni strumento verrà ignorato, considerato inutile o addirittura "pericoloso".

4 commenti:

  1. "Dovremmo infatti chiarire "quale sè": quello vero o quello finto." Giusto: dovremmo toglierci le varie 'maschere', integrare le varie subpersonalità, fare il "party delle 'parti'", dis-identificarci dagli oggetti o dai ruoli cui siamo 'attccati' (con lo 'scotch' delle emozioni). Per trovare il nostro 'vero Sé' e il nostro 'centro di gravità' (permanente o quasi) dovremmo, insomma, abbandonare o mettere sotto tono i falsi 'feelings' (le emozioni depotenzianti e distorcenti) e tirar fuori le qualità dell''essenza'.
    Infatti, come è noto, da piccoli, per tutta una serie di 'condizionamenti', abbiamo perso contatto con l’essenza (perciò Gesù diceva: "dovete diventare come dei fanciulli"), ossia con la nostra vera natura (lo 'spirito'). Al suo posto è subentrato un ‘surrogato’ spocchioso, con cui ben presto ci siamo identificati: la nostra 'personalità'. Essa e’ una falsa identità, quella che Almaas identifica con una ‘fissazione’. Le fissazioni sono raggruppate in una ‘mappa’: quella dell’Enneagramma, che vuol dire proprio “nove tipi”. E la PNL lavora anche a partire dall’enneagramma per individuare quali elementi di ‘meccanicità’ siano presenti nel nostro comportamento.
    Quindi, ciascuno di noi è una sorta di cocktail, con dosaggi diversi, delle qualità ‘animiche’ (ma qui ci sono anche i “falsi feelings”) e delle qualità ‘essenziali’: pace, gioia, compassione, forza e volontà. Con il lavoro sull’essenza è possibile tirar fuori dal 'di sotto' della personalità (che fa da ‘rivestimento’), e con l’aiuto della stessa personalità, queste qualità essenziali. In pratica, quello che nell'Epistola agli Ebrei è definito 'separazione' (con la 'spada' affilata della 'Parola') dell'anima (l'Io) dallo spirito (il Sé).
    Nicola Perchiazzi

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  2. Gran bel commento. Solo non limiterei ad un unico 'metodo' (enneagramma, PNL etc.) la possibilità di fare questo percorso. Le strade sono tante.

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  3. Condivido, le vie sono tante: la PNL, a livello psicologico-comportamentale (per così dire) è una di queste, come pure la Psicosintesi. Andando più sullo spirituale, i coaching e i mentoring che attingono alla tradizione (o 'innovazione') pentecostale (cristiana) o alla Kabbalah o all'Approccio del Diamante, e non li nomino tutti, per quel che so di essi mi appaiono i più interessanti e attuali (specie poi quando fanno anche riferimento alle teorie quantistiche e alla 'rete di Indra, ossia il tout se tient gurdjieffiano, come nell'ultimo Wayne Dyer)
    A presto
    Nicola Perchiazzi

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  4. Penso che il bisogno di autostima o di successo o d'importanza, sia sempre stato per l'uomo il più importante in assoluto, sia nel bene che nel male. Tutti i comportamenti umani, i sacrifici, gli sforzi, l'impegno sono mossi dal bisogno di importanza e quando si fallisce, si è pronti a mettere la mano sul braciere ardente...

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Fabrizio Cotza - Formatore Sovversivo.
www.fabriziocotza.it